Lara Vinca Masini, 1995
Dedalo e Icaro, Sei architetti e Sei artisti per il territorio
Sono convinta che le nostre città, grandi o piccole, i nostri paesi, non abbiano bisogno di monumenti da collocare nelle piazze, per prestigiosi che siano.
E non credo che l’arte del nostro tempo debba essere rappresentata dai "monumenti" nelle piazze.
La relazione fra aree e ambiente può essere diversa, anche perché molti artisti contemporanei hanno instaurato un rapporto con lo spazio (e con l'ambiente, anche urbano, specialmente fuori d'Italia) che non è, più, quello dell’oggetto di culto simbolico.
Credo invece che l'arte possa avere, nei confronti dei centri storici, un'altra funzione, in un rapporto stimolante con l'ambiente e l’architettura.
E credo, inoltre, che la provincia, in Italia, possa iniziare ad avere un ruolo importante per gli artisti e gli architetti giovani, quelli cresciuti e formati nell'era senza ideologia, che prendono coscienza di se e devono, comunque, trovare una loro ragione di operare.
Questa è l'origine dell'iniziativa che ho proposto a Barberino Val d'Elsa come primo esempio-campione di un programma che va estendendosi in altri comuni della regione.
II programma intende proporre un nuovo modello di comportamento nei confronti di un territorio prezioso per qualità e bellezza, sempre più spesso squalificato e degradato da comportamenti politici, economici e culturali errati e disattenti.
Per questa operazione l'Amministrazione locale ha individuato sei situazioni nell’ambito del suo territorio, situazioni nelle quali fosse necessario intervenire con progetti di recupero, di riqualificazione, di ridestinazione, non tanto attraverso un classico progetto trasformativo, quanto invece attraverso un programma di riuso in cui siano presenti, contemporaneamente, le due componenti dell'arte e dell'architettura.
La fine dell'ideologia può essere vista come fine della separazione tra il sapere tecnico dell’architetto e l’artisticità dell'artista, e possibile oggi, senza perdere ciascuno la propria identità e la propria professionalità, lavorare in un unico progetto in cui compaiano i due sistemi che rendono complesso e completo l'operare contemporaneo invece di esasperane solo una parte. Il territorio, nella crisi attuale, è stato violentato da questo tipo di separazione, per cui si è sentita la forte urgenza di una risposta di un diverso modo di operare.
Con questo programma ho anche inteso mettere in rapporto, sia pure con un segno minimo, la situazione italiana con quella europea, dove molto spesso il prestigio politico si è anche misurato nel rapporto con la cultura e con l'arte, creando situazioni urbane e paesaggistiche di grande impatto.
Non si può dire certo altrettanto dell’Italia, dove, dal dopoguerra in poi, non si è mai creata un'immagine corretta ed espressiva di un momento storico che avrebbe dovuto rappresentare un riscatto e l'approdo ad una vita più qualificata e qualificante. Sono stati perciò invitati ad intervenire, inizialmente con proposte di idee per ogni luogo scelto, un architetto e un artista, entrambi di nome almeno nazionale, ma intenzionalmente scelti fra quelli operanti in Toscana (per non creare le consuete situazioni di interventi, anche prestigiosi, ma calati dall'alto), che lavorassero in modo coerente e integrato, unendo due diverso sensibilità e due diverse professionalità che siano di stimolo l'una all'altra.
Non si tratta di espropriare il "monumento", l arredo urbano", ma di creare una immagine totale che coinvolga, liberandone l’autonomo esplicarsi, le due diverse creatività, lavorando in un territorio che, per le sue caratteristiche, può proporsi come filo conduttore.
Questa operazione si dà anche lo scopo di risvegliare, attraverso la mostra e la discussione, l'interesse degli abitanti per il proprio territorio: interesse fin qui distorto da una politica che ha visto solo nel condono, il peggiore degli strumenti di cui possa servirsi un governo, una soluzione a problemi che hanno ben altri connotati. Le sei situazioni, con caratteri e necessità diverse, individuate con l'Amministrazione di Barberino sono le seguenti:
1. Cupola di San Donnino o S. Michele.
Vi hanno lavorato l'architetto Raimondo Gramigni e Evelien La Sud, in un progetto che individua nella cappella cinquecentesca di Santi di Tito, il fulcro ideale che condensa in se la memoria dell'antica e quasi mitica città di Semifonte, distrutta da Firenze alla metà del Trecento, e simbolo di un ripercorrimento e di una rivitalizzazione culturale di un corso storico di grande impatto come presenza poetico-emotiva del territorio.
2. Giardino pubblico davanti al Comune, presso la Porta Senese.
L’intervento è dell'architetto Lapo Binazzi (UFO) e Remo Salvadori, la loro proposta consiste in una sistemazione e in un progetto di riuso e di riqualificazione della piazza-giardino e della fontana, anonimo manufatto recente in cemento, che conferiscano al luogo una nuova, sensibile immagine che lo faccia diventare un punto di coesione e di espressività del paese.
3. Magazzino Comunale.
L'edificio di nessun rilievo significativo, ma importante per la sua collocazione, sotto il giardino pubblico e rivolto verso il paesaggio, è stato studiato e riprogettato per una nuova e polivalente funzione da Antonio Catelani e dall'architetto Gianni Vannetti, che hanno proposto una struttura articolata in una serie di spazi interni ed esterni, a creare una continuità in cui ciascun elemento ha una sua funzione precisa.
4. Teatro Margherita di Marcialla.
Si tratta di un piccolo edificio della fine dell'Ottocento, in stato di completo abbandono, ma di grande significato simbolico per il centro di Marcialla. II progetto, di Fabrizio Corneli e dell'archiretto Sandro Poli (già Superstudio), tende al recupero espressivo e simbolico non solo delle strutture murarie, ma anche del suo uso specifico (era stato adibito e trasformato in cinema), al quale intende conferire una immagine archetipica di "piccolo teatro", mantenendone anche le caratteristiche esterne lungo la strada.
5. Muraglione della Strada Zambra, a Vico d'Elsa.
Si tratta di un muro in cemento, di recente costruzione, di contenimento del terreno fiancheggiante la strada, estremamente anonimo e casuale, che disturba nel paesaggio circostante. II progetto, dell’architerto Massimo Mariani (già gruppo Bolidista) e di Maurizio Nannucci, si propone di recuperare un'immagine qualificante con un intervento minimo ma appropriato che lo trasformi in un punto espressivo del paese.
6. Parco delle Rimembranze col Monumento ai Caduti della I° guerra mondiale.
L’architetto Piero Frassinelli (già Superstudio) e Renato Ranaldi dovevano risistemare il piccolo giardino di fronte a una chiesa neogotica e aggiungere al Monumento ai Caduti della prima guerra un riferimento a quelli della seconda guerra mondiale. Ne risulta un intervento che, mentre riconosce il sacrificio dei tanti morti, esalta, in realtà il significato della pace.
Mi sembra che il risultato sia stato straordinariamente lucido e, come speravo, ottenuto con proposte di interventi minimi, poco costosi, ma capaci di recuperare, al paese, se realizzati, un'immagine significativa, e una consapevolezza della propria identità.
Anche il rapporto "nuovo" artista e architetto (in realtà è un esperimento che tutti quanti abbiamo voluto verificare), malgrado qualche inevitabile crisi di assestamento e di "identità", mi sembra abbia dato risultati interessanti e da ripensare, anche da parte degli stessi protagonisti, così da incoraggiare il proseguimento della iniziativa.
E non credo che l’arte del nostro tempo debba essere rappresentata dai "monumenti" nelle piazze.
La relazione fra aree e ambiente può essere diversa, anche perché molti artisti contemporanei hanno instaurato un rapporto con lo spazio (e con l'ambiente, anche urbano, specialmente fuori d'Italia) che non è, più, quello dell’oggetto di culto simbolico.
Credo invece che l'arte possa avere, nei confronti dei centri storici, un'altra funzione, in un rapporto stimolante con l'ambiente e l’architettura.
E credo, inoltre, che la provincia, in Italia, possa iniziare ad avere un ruolo importante per gli artisti e gli architetti giovani, quelli cresciuti e formati nell'era senza ideologia, che prendono coscienza di se e devono, comunque, trovare una loro ragione di operare.
Questa è l'origine dell'iniziativa che ho proposto a Barberino Val d'Elsa come primo esempio-campione di un programma che va estendendosi in altri comuni della regione.
II programma intende proporre un nuovo modello di comportamento nei confronti di un territorio prezioso per qualità e bellezza, sempre più spesso squalificato e degradato da comportamenti politici, economici e culturali errati e disattenti.
Per questa operazione l'Amministrazione locale ha individuato sei situazioni nell’ambito del suo territorio, situazioni nelle quali fosse necessario intervenire con progetti di recupero, di riqualificazione, di ridestinazione, non tanto attraverso un classico progetto trasformativo, quanto invece attraverso un programma di riuso in cui siano presenti, contemporaneamente, le due componenti dell'arte e dell'architettura.
La fine dell'ideologia può essere vista come fine della separazione tra il sapere tecnico dell’architetto e l’artisticità dell'artista, e possibile oggi, senza perdere ciascuno la propria identità e la propria professionalità, lavorare in un unico progetto in cui compaiano i due sistemi che rendono complesso e completo l'operare contemporaneo invece di esasperane solo una parte. Il territorio, nella crisi attuale, è stato violentato da questo tipo di separazione, per cui si è sentita la forte urgenza di una risposta di un diverso modo di operare.
Con questo programma ho anche inteso mettere in rapporto, sia pure con un segno minimo, la situazione italiana con quella europea, dove molto spesso il prestigio politico si è anche misurato nel rapporto con la cultura e con l'arte, creando situazioni urbane e paesaggistiche di grande impatto.
Non si può dire certo altrettanto dell’Italia, dove, dal dopoguerra in poi, non si è mai creata un'immagine corretta ed espressiva di un momento storico che avrebbe dovuto rappresentare un riscatto e l'approdo ad una vita più qualificata e qualificante. Sono stati perciò invitati ad intervenire, inizialmente con proposte di idee per ogni luogo scelto, un architetto e un artista, entrambi di nome almeno nazionale, ma intenzionalmente scelti fra quelli operanti in Toscana (per non creare le consuete situazioni di interventi, anche prestigiosi, ma calati dall'alto), che lavorassero in modo coerente e integrato, unendo due diverso sensibilità e due diverse professionalità che siano di stimolo l'una all'altra.
Non si tratta di espropriare il "monumento", l arredo urbano", ma di creare una immagine totale che coinvolga, liberandone l’autonomo esplicarsi, le due diverse creatività, lavorando in un territorio che, per le sue caratteristiche, può proporsi come filo conduttore.
Questa operazione si dà anche lo scopo di risvegliare, attraverso la mostra e la discussione, l'interesse degli abitanti per il proprio territorio: interesse fin qui distorto da una politica che ha visto solo nel condono, il peggiore degli strumenti di cui possa servirsi un governo, una soluzione a problemi che hanno ben altri connotati. Le sei situazioni, con caratteri e necessità diverse, individuate con l'Amministrazione di Barberino sono le seguenti:
1. Cupola di San Donnino o S. Michele.
Vi hanno lavorato l'architetto Raimondo Gramigni e Evelien La Sud, in un progetto che individua nella cappella cinquecentesca di Santi di Tito, il fulcro ideale che condensa in se la memoria dell'antica e quasi mitica città di Semifonte, distrutta da Firenze alla metà del Trecento, e simbolo di un ripercorrimento e di una rivitalizzazione culturale di un corso storico di grande impatto come presenza poetico-emotiva del territorio.
2. Giardino pubblico davanti al Comune, presso la Porta Senese.
L’intervento è dell'architetto Lapo Binazzi (UFO) e Remo Salvadori, la loro proposta consiste in una sistemazione e in un progetto di riuso e di riqualificazione della piazza-giardino e della fontana, anonimo manufatto recente in cemento, che conferiscano al luogo una nuova, sensibile immagine che lo faccia diventare un punto di coesione e di espressività del paese.
3. Magazzino Comunale.
L'edificio di nessun rilievo significativo, ma importante per la sua collocazione, sotto il giardino pubblico e rivolto verso il paesaggio, è stato studiato e riprogettato per una nuova e polivalente funzione da Antonio Catelani e dall'architetto Gianni Vannetti, che hanno proposto una struttura articolata in una serie di spazi interni ed esterni, a creare una continuità in cui ciascun elemento ha una sua funzione precisa.
4. Teatro Margherita di Marcialla.
Si tratta di un piccolo edificio della fine dell'Ottocento, in stato di completo abbandono, ma di grande significato simbolico per il centro di Marcialla. II progetto, di Fabrizio Corneli e dell'archiretto Sandro Poli (già Superstudio), tende al recupero espressivo e simbolico non solo delle strutture murarie, ma anche del suo uso specifico (era stato adibito e trasformato in cinema), al quale intende conferire una immagine archetipica di "piccolo teatro", mantenendone anche le caratteristiche esterne lungo la strada.
5. Muraglione della Strada Zambra, a Vico d'Elsa.
Si tratta di un muro in cemento, di recente costruzione, di contenimento del terreno fiancheggiante la strada, estremamente anonimo e casuale, che disturba nel paesaggio circostante. II progetto, dell’architerto Massimo Mariani (già gruppo Bolidista) e di Maurizio Nannucci, si propone di recuperare un'immagine qualificante con un intervento minimo ma appropriato che lo trasformi in un punto espressivo del paese.
6. Parco delle Rimembranze col Monumento ai Caduti della I° guerra mondiale.
L’architetto Piero Frassinelli (già Superstudio) e Renato Ranaldi dovevano risistemare il piccolo giardino di fronte a una chiesa neogotica e aggiungere al Monumento ai Caduti della prima guerra un riferimento a quelli della seconda guerra mondiale. Ne risulta un intervento che, mentre riconosce il sacrificio dei tanti morti, esalta, in realtà il significato della pace.
Mi sembra che il risultato sia stato straordinariamente lucido e, come speravo, ottenuto con proposte di interventi minimi, poco costosi, ma capaci di recuperare, al paese, se realizzati, un'immagine significativa, e una consapevolezza della propria identità.
Anche il rapporto "nuovo" artista e architetto (in realtà è un esperimento che tutti quanti abbiamo voluto verificare), malgrado qualche inevitabile crisi di assestamento e di "identità", mi sembra abbia dato risultati interessanti e da ripensare, anche da parte degli stessi protagonisti, così da incoraggiare il proseguimento della iniziativa.