Lara Vinca Masini, 1993
All'inizio Eurinone
All'inizio Eurinone, Dea di tutte le Cose, emerse nuda dal Caos e non trovò nulla di solido per posarvi i piedi: divise allora il mare dal cielo e intrecciò solo una danza sulle onde. Sempre danzando si diresse verso sud e il vento che turbinava alle sue spalle le parve qualcosa di nuovo e di distinto; pensò dunque di iniziare con lui l'opera della creazione.
Si voltò all'improvviso, afferrò codesto Vento del Nord e lo soffregò tra le mani; ed ecco apparire il gran serpente Ofione.
Eurinone danzava per scaldarsi, danzava con ritmo sempre più selvaggio finché Ofione, acceso di desiderio, avvolse nelle sue spire le membra della dea e a lei si accoppiò.
Ora il Vento del Nord detto anche Borea, è un vento fecondatore; spesso infatti le cavalle, accarezzate dal suo soffio, concepiscono puledri senza l'aiuto di uno stallone. E cosi anche Eurinone rimase incinta (da "Il mito pelasgico della creazione" in "I miti greci" di R. Graves 1954).
E' questo rapporto della Dea/Donna con gli elementi che la civiltà occidentale (della quale il sistema dell'arte è il fiore più avvelenato, quasi completamente annullato e stravolto; questa civiltà che è riuscita a prevaricare su tutte le altre, e che non riesce a trovare in se stessa le antitossine per rigenerarsi - l'AIDS dell'Impero, come lo definisce Vallauri) che Evelien La Sud cerca, con tutte le sue forze, con tutta la sua irrefrenabile passione di artista e di donna, di ristabilire; sia quando si misura, fisicamente, col lavoro della terra, che rappresenta, per lei e per il suo lavoro di artista un passaggio necessario, sia quando usa e trasforma i materiali; materiali che essa elabora con riferimento al mitologismo arcaico e all'antropologia, legata per tradizione alla vita della donna, al suo essere relegata in un universo quotidiano, fatto di materiali semplici, di manufatti, di naturalità (cotto, rame, vetro, tela, velo ... ) nei quali essa riscopre la creatività femminile e nuove reazione alchemiche, costringendoli, di nuovo, a reagire in maniera "naturale" con gli elementi: l'acqua (per Eurinone la danza sulle onde; per Evelien il suo affidare al corso del Fiume il proprio lavoro) ; il vento (che turbinava alle "spalle" di Eurinone e col quale pensò di "iniziare... l'opera della creazione", lo stesso vento cui Evelien abbandona la sua "rosa dei venti" appesa ad un velo. spingendola dall'oblio ... ).
E' il gesto di Eurinone, che "afferrò codesto Vento del Nord e lo soffregò tra le mani", sollecitandone la forza fecondatrice;
il gesto di Evelien che affida con le sue mani il suo lavoro all'acqua e al vento; ma è, allo stesso tempo, il gesto totalizzante e consapevole delle mani raccolte sul libro nel Monumento funebre a Giovanni Chellini, medico di Donatello, nella cattedrale di San Miniato;
ma anche il gesto dirompente di S. Galgano, quando alla terza impennata del suo cavallo, conficcava la spada nella roccia, dove sarebbe sorta l'abbazia di S. Galgano, questa stupenda perla "aperta" verso gli elementi.
Questi sono, da sempre, riferimenti ideali di Evelien La Sud.
Si voltò all'improvviso, afferrò codesto Vento del Nord e lo soffregò tra le mani; ed ecco apparire il gran serpente Ofione.
Eurinone danzava per scaldarsi, danzava con ritmo sempre più selvaggio finché Ofione, acceso di desiderio, avvolse nelle sue spire le membra della dea e a lei si accoppiò.
Ora il Vento del Nord detto anche Borea, è un vento fecondatore; spesso infatti le cavalle, accarezzate dal suo soffio, concepiscono puledri senza l'aiuto di uno stallone. E cosi anche Eurinone rimase incinta (da "Il mito pelasgico della creazione" in "I miti greci" di R. Graves 1954).
E' questo rapporto della Dea/Donna con gli elementi che la civiltà occidentale (della quale il sistema dell'arte è il fiore più avvelenato, quasi completamente annullato e stravolto; questa civiltà che è riuscita a prevaricare su tutte le altre, e che non riesce a trovare in se stessa le antitossine per rigenerarsi - l'AIDS dell'Impero, come lo definisce Vallauri) che Evelien La Sud cerca, con tutte le sue forze, con tutta la sua irrefrenabile passione di artista e di donna, di ristabilire; sia quando si misura, fisicamente, col lavoro della terra, che rappresenta, per lei e per il suo lavoro di artista un passaggio necessario, sia quando usa e trasforma i materiali; materiali che essa elabora con riferimento al mitologismo arcaico e all'antropologia, legata per tradizione alla vita della donna, al suo essere relegata in un universo quotidiano, fatto di materiali semplici, di manufatti, di naturalità (cotto, rame, vetro, tela, velo ... ) nei quali essa riscopre la creatività femminile e nuove reazione alchemiche, costringendoli, di nuovo, a reagire in maniera "naturale" con gli elementi: l'acqua (per Eurinone la danza sulle onde; per Evelien il suo affidare al corso del Fiume il proprio lavoro) ; il vento (che turbinava alle "spalle" di Eurinone e col quale pensò di "iniziare... l'opera della creazione", lo stesso vento cui Evelien abbandona la sua "rosa dei venti" appesa ad un velo. spingendola dall'oblio ... ).
E' il gesto di Eurinone, che "afferrò codesto Vento del Nord e lo soffregò tra le mani", sollecitandone la forza fecondatrice;
il gesto di Evelien che affida con le sue mani il suo lavoro all'acqua e al vento; ma è, allo stesso tempo, il gesto totalizzante e consapevole delle mani raccolte sul libro nel Monumento funebre a Giovanni Chellini, medico di Donatello, nella cattedrale di San Miniato;
ma anche il gesto dirompente di S. Galgano, quando alla terza impennata del suo cavallo, conficcava la spada nella roccia, dove sarebbe sorta l'abbazia di S. Galgano, questa stupenda perla "aperta" verso gli elementi.
Questi sono, da sempre, riferimenti ideali di Evelien La Sud.