Giuliana Videtta, 2005
Evelien La Sud è nata nel 1950 in Olanda da madre indonesiana e padre olandese; dal 1968 vive e lavora in Italia dove si è formata: tale complesso crocevia di culture va tenuto presente per cogliere il suo procedere individuale ancorché partecipe del proprio tempo storico.
L’idea del mutamento, ossia la consapevolezza che tutto ciò che diviene è in perenne trasformazione, permea e orienta il cammino esistenziale e artistico di Evelien La Sud: è un principio filosofico profondamente orientale che le appartiene non solo per la scelta ideologica ma anche per eredità materna.
Il mutamento è il carattere stesso della creatività, della forza creativa della natura come dell’arte. (*2)
Ho conosciuto Evelien La Sud nella seconda metà degli anni Ottanta in Toscana: costruiva la sua casa e creava l’orto; all’interno dell’ambiente domestico realizzava installazioni e l’estrema cura del display trasformava gli ambienti della casa in cornice perfetta per le opere in “esposizione temporanea”.
Tutto rivelava equilibrio e allo stesso tempo instabilita’ (*3) : tutto era compiuto e allo stesso tempo pronto a mutare in sintonia con la vita degli abitanti.
La casa (*4) di Pastine in Val d’Elsa, uno dei paesaggi più belli della campagna toscana, venne su negli anni a partire da un nucleo antico (una torre del XIII secolo allo stato di rudere, presa inizialmente per farne un deposito), utilizzando materiali di recupero trovati in situ: il lavoro generò volumetrie accoglienti in armonia con l’ambiente circostante. (*5)
La casa continua a crescere e trasformarsi. Straordinario era l’orto che Evelien aveva creato sistemando a terrazze un pendio ampio e impervio: per tre anni (dal 1989 al 1992) quel terreno produsse , con generosità inusuale per le campagne toscane, ortaggi, erbe e fiori rigogliosi, accostati secondo il metodo della complementarità di piante di specie diverse che consentono di proteggere e rinforzare la fertilità della terra.
La sua forma mutava, e così i colori e gli odori, col mutare delle stagioni.
Oggi su quelle terrazze crescono gli ulivi.
All’interno della dimora l’artista collocava le sue installazioni, diverse a ogni incontro, che realizzava ( anche qui) materiale trovato.
Elementi in ferro, piccole strutture in creta, tagli di tessuto, ago e filo, pali di legno, materiali da cancelleria, bicchieri, bottiglie, acqua, sale, frammenti di scrittura, assemblati e ritmicamente moltiplicati nello spazio o addossati alle pareti con sapienza compositiva, formavano strutture che materializzavano e visualizzavano gli interessi e i pensieri del momento, che si nutrivano dell’osservazione della natura, di letture scientifiche e umanistiche, dell’esperienza quotidiana: il simbolo dei numeri, la natura del vento e i suoi effetti sulle acque e sulla terra, i passaggi di stato degli elementi primari… (*6)
Questa forza creatrice a tutto campo si manifestava allora all’interno dell’universo domestico, nel quale erano accolti gli amici, - artisti, critici d’arte, antropologi e filosofi-, che formavano un pubblico attivo, stimolato creativamente nel confronto con le opere e con l’artista che era anche padrona di casa, madre di due splendidi bambini, compagna, in un intreccio di ruoli non sempre facilmente distinguibili.
Nel corso degli Anni Ottanta, nelle ricerche artistiche contemporanee si andava rafforzando L’esigenza di lavorare in riferimento ad una “situazione,”, logistica o antropologica o storica, di marcare un luogo con la propria opera /…/ facendo dei siti scelti la fonte della propria ispirazione e la stessa sede espositva (*7) e, su questa spinta, anche in ambito curatoriale, si faceva strada la tendenza a mostrare l’arte in luoghi diversi da quelli tradizionalmente deputati a ciò, come il museo o la galleria, incluse le abitazioni private e gli studi d’artista. (*8)
Non è qui la sede per analizzare le varie problematiche connesse a questo fenomeno e lesue molteplici conseguenze sul piano del rapporto fra opera e fruitore. Interessa però mettere in evidenza che la differenza ma anche l’inerdipendenza dei domini del pubblico e del privato è alla base di una delle più importantiinvestigazioni sul rapporto tra arte e vita pubblica nell’epoca attuale dove, in uno spazio pubblico degradato in quanto “ luogo civico”, la casa è diventata per molti versi, un “foro più aperto, pubblico”, luogo in cui si dispiega il “gioco complesso delle dinamiche sociali” (*9)
E, in proposito, merita anche ricordare che la XVII Triennale di Milano del 1986 fu dedicata proprio alla dimora abitativa, a una riflessione sulla casa dell’uomo occidentale, assunta anche a metafora di una catena di opposizione fra concetti metafisici: pubblico/privato, collettivo/individuale, spettacolare/intimo (*10) laddove i termini dell’opposizione non semplicemente si fronteggiano ma istituiscono una gerarchia che stabilisce un ordine di subordinazione (*11)
Questa rapida contestualizzazione del lavoro protato avanti da Evelien La Sud in quegli anni serve a sottolineare un tratto caratteristico del suo procedere: Evelien appare molto informata e partecipe del mondo in cui vive operando le proprie scelte, anche se la sua declinazione dell’arte è difficilmente riconducibile a un ambito di ricerca preciso perché intimamente coincidere con la sua stessa vita, con la sua dimensione esistenziale.
Svanito il segno di una trasformazione profonda e radicale dell’intera società, Evelien La Sud aveva lasciato Milano . (*12)
Dopo aver vissuto gli anni più “caldi”della storia italiana per compiere una scelta comune a molti giovani della sua generazione: la scelta di vivere in campagna, di ritrovare un contatto con la natura. Lo fa da artista: Nel ’78 decisi di fermarmi per agire direttamente nello spazio naturale- ricorda lei stessa- in quelle esperienze artistiche che non producono opere ma eventi temporali limitati, lasciando solo tracce. (*13)
Il trasferimento in Toscana è un viaggio non solo nello spazio ma anche nel tempo.
Note
(*1) - dal testo pubblicato in: Evelien La Sud, a cura di Jade Vlietstra, Firenze ,1995.
(*2) - Secondo l’I King, il libro di saggezza “maturato organicamente nel lento corso dei millenni” in Cina, che Evelien La Sud consulta da sempre e che cita esplicitamente nell’opera Il Mutamento del 2003, il carattere della forza creatrice della natura, è infatti moto e svilippo costanti tali che da questa forza tutte le cose vengono gradualmente mutate finché esse trasformano completamente la loro apparenza.
Così mutano e cambiano le stagioni e tutto il mondo delle creature nel suo decorso. Così ogni cosa acquista la natura che le spetta, la quale, dal punto di vista divino, è chiamata destinazione. /…/così…nasce quella grande e durevole armonia dell’universo/…/.
(*3) - Viene in mente l’”equilibrio dinamico” che Piet Mondrian, olandese e seguace delle dottrine teosofiche, attuava nelle sue Composizioni a losanga…
(*4) - Per la lettura critica della casa e dell’orto di Pastine si rimanda agli scritti di Pier Luigi Tazzi, Laura Vecere e Giuliana Videtta raccolti in: Evelien La Sud, a cura di Jade Vlietstra, 1995).
(*5) - Evelien stessa racconta: “Negli anni Ottanta furono rase al suolo tante coloniche /…/. Iniziai a raccogliere le pietre scalpellate a mano, i mattoni di tantissimi formati diversi, tutti fatti a mano, le travi in quercia, le finestre con dei vetri sottilissimi. Tegole, interi soffitti e pavimentazioni ammucchiate lungo le strade dagli ex contadini ora muratori che non volevano buttarli tra le macerie, e furono felici di darmi quel materiale.”
(*6) - Lara Vina Masini : E’ questo rapporto con gli elementi che la civiltà occidentale ( della quale il sistema dell’arte è il fiore più avvelenato) ha quasi completamente annullato e stravolto /…/ che Evelien La Sud cerca, con tutte le sue forze, con tutta la sua irrefrenabile passione di artista e di donna, di ristabilire; sia quando si misura, fisicamente col lavoro della terra, che rappresenta per lei e per il suo lavoro di artista un paesaggio necessario, sia quando usa e trasforma i materiali; materiali che elabora con riferimento al mitologico-arcaico e all’antropologia, legata per tradizione alla vita della donna, al suo essere relegata in un universo quotidiano, fatto di materiali semplici, di manufatti, di naturalità (cotto, rame, vetro, tela, velo…) nei quali riscopre la creatività femminile e nuove reazioni alchemiche, costringendoli, di nuovo, a reagire in maniera “naturale” con gli elementi/…/”, ).
(*7) - cfr.Gaia Salvadori, “La cornice dell’arte, in : Quadreni Di, n.12, 1991, Liguori Editor, Napoli, pag. 105.
(*8) - Esemplare rimane in tal senzo la mostra Chambres d’Amis, realizzata a Gent nel 1986 da Jan Hoet, direttore del locale museo, articolata tra gli spazi museali e le abitazioni privati messe a disposizione degli artisti per l’occassione.
(*9) - cfr. Gaia Salvadori, op.cit., pag.108 e nota 60,pag.118.
(*10) - cfr. GeorgesTeyssot, “Figure d’interni”, in Il progetto domestico. La casa dell’uomo: archetipi e prototipi. XVII Triennale di Milano, cat. Mostra (Saggi), a cura di G.Teyssot, Milano 1986, pag.20..
(*11) - ivi, pag.19.
(*12) - A Milano dal 1968 al 1978, la giovane olandese compie la sua formazione artistica e umana: frequenta all’Accademia di Brera il corso di Scultura di Francesco Messina, maestro carismatico, all’energia creativa contagiosa; partecipa al movimento studentesco e vive le esperienze del femminismo; si sposa (a il matrimonio si concluderà con il divorzio) e mette al mondo due bambine.
Il clima artistico milanese era fra i più vivaci e informati in Italia, come lei stessa ricorda: nell’aria si sentiva ancora il respiro di Fontana e Manzoni. L’arte sfuggiva alle classificazioni riconosciute, arte era anche parlare di arte, il comportamento, la riflessione, le ricerche ottiche cinetiche, l’Arte Povera, l’Arte Concettuale, la Body Art e la Land Art.
.
(*13) - Le dichiarazioni di Evelien qui riportate sono ricavate dalle nostre recenti conversazioni.
cfr. testo pubblicato nel catalogo Evelien La Sud, Il giradino dei semplici, edizioni Masnata Genova 2005